La Strada del Classicismo e del Neoclassicismo

Percorso culturale che ripercorre i segreti del classicismo e del neoclassicismo

1) Municipio di Roverbella

Il toponimo Roverbella deriverebbe, secondo la leggenda, da una antica, robusta e bella pianta di rovere che fino a qualche secolo fa si trovava nel nucleo storico del paese, dove ora c’è piazza Italia, di fianco al municipio e di fronte a villa Gobio. Secondo un’ipotesi più plausibile potrebbe invece derivare da parole celtiche che definivano il luogo come importante incrocio stradale militare. Infatti, oggi come ieri, Roverbella è sull’incrocio tra la direttrice della strada Mantova-Verona e quella per il Garda. Abitato almeno dal Neolitico (cioè da 6.000 anni prima di Cristo), nel territorio si sono individuati circa settanta siti archeologici fino al periodo romano testimoniato, quest’ultimo, anche dalla via Postumia che lambisce parte della zona a nord-ovest. 

Feudo dei conti di Canossa attorno al Mille, nel 1039 vi si celebrarono le nozze tra il marchese Bonifacio Canossa e Beatrice, figlia del duca di Lorena, che saranno genitori di Matilde, la gran contessa. In seguito feudo dei Bonacolsi e poi dei Gonzaga, Roverbella fu a lungo sede anche dei monaci benedettini che dal 1007 iniziarono opere di bonifica e regolamentazione delle acque. Passata in età moderna, come gran parte del mantovano, agli austriaci e poi ai francesi di Napoleone prima di entrare a far parte del Regno d’Italia, Roverbella ebbe nel periodo risorgimentale eroici combattenti e in vari importanti edifici si registrò la presenza di illustri storici personaggi. Il territorio comprende oggi anche le località di Canedole, Castiglione Mantovano, Pellaloco, Malavicina, Belvedere, Santa Lucia. 

2) Chiesa di Castiglione Mantovano

La parrocchiale è dedicata alla Natività di Maria, come la pieve precedente del XIII secolo che si trovava all’interno del castello. Intorno al ‘400, quella chiesa romanica è demolita e si costruisce nel borgo l’attuale tempio, a sua volta in parte riedificato a metà ‘700 e poi riammodernato nell’ ‘800. La chiesa ha una pianta a tre navate di cui quella centrale conclusa da un’abside curvilinea mentre le due laterali terminano con una cappella a pianta rettangolare. La facciata neoclassica è segnata da tre portoni d’ingresso, sormontati da finestre semicircolari, corrispondenti alla ripartizione dell’aula. L’assetto interno dell’edificio è riconducibile agli interventi del 1860 quando oltre a irrobustire la struttura con due file di pilastri si realizzano anche le volte di copertura. Del complesso quattrocentesco si conservano parte dell’abside e il campanile. Quest’ultimo, sopraelevato nel ‘700, mostra le evidenti tracce della primitiva cella campanaria. 

L’interno del tempio ha, sulle volte, una decorazione a finti cassettoni e sulle lesene un motivo a candelabra. La pala dell’altare maggiore ,con cornice lignea dorata e cimasa a cartiglio, è del 1688 e rappresentata la Madonna in una corona d’angeli, assisa in cielo con il Bambino e san Giovannino. In basso i santi Sebastiano, Francesco, Antonio da Padova e Rocco le rivolgono uno sguardo di adorazione. Sullo sfondo sono dipinti gli edifici più importanti del castiglionese: il castello, la corte Guerrieri Gonzaga (oggi detta Cort’Alta) e la chiesa. Nella cappella laterale della navata destra, il Crocifisso è del ‘400 mentre la tela che gli fa da sfondo, con la Madonna, san Giovanni e due angeli è del XVII secolo. L’altare, eretto il 29 aprile 1795 dall’allora parroco Vincenzo Gasparini, ha un tabernacolo a tempietto.

3-4) Corte e Oratorio di Santa Lucia

Corte Santa Lucia sorge di fronte alla chiesetta omonima, dalla quale è separata dalla strada e dalla quale ha preso il nome. E’ un edificio dalle caratteristiche settecentesche, ma che sono state riproposte dall’architetto Vergani nell’Ottocento col chiaro intento di recuperare elementi della tradizione locale riformulati in modo personale. Sotto la patina classicheggiante, la costruzione si presenta con un lungo fronte rialzato nel cui basamento sono ricavati gli ambienti di servizio. Due tratti di scale a tenaglia conducono all’ingresso principale, al centro della facciata, tripartita con l’articolazione delle due parti terminali. Sopra la parte centrale, spicca un piano con finestrelle cieche. Dentro, un salone a doppia altezza è preceduto da due atrii.

5) Chiesa di Villanova Maiardina

Il borgo di “Villanova de Manardino” è nominato per la prima volta nel 1399. Il nome Villanova indica che si tratta di un borgo sorto ex novo e Manardino fa pensare al germanico cognome Mainhard. La chiesa ad un’unica navata con due cappelle laterali è del 1726 e sorge su un precedente edificio demolito secondo le richieste dell’allora Vescovo di Mantova, Alessandro Arrigoni, espresse nella Visita Pastorale del 1717. La parrocchiale con un linguaggio essenziale e classicheggiante anticipa in alcune soluzioni, come la liscia calotta dell’abside, il Neoclassicismo.  L’ampia e bassa facciata del tempio è sormontata da un frontone triangolare sorretto da quattro lesene tuscaniche; al centro un portale trabeato è concluso da una finestra semicircolare.

L’aula, suddivisa in tre campate rettangolari con volta a crociera ribassata, termina con il presbiterio accostato, senza soluzione di continuità, all’abside conclusa da una semicalotta. Nell’abside si trova il quadro (secolo XVII) della Natività di Maria a cui era intitolata la chiesa sino al 1700. La Madonna è raffigurata tra le braccia di Gioacchino ed Anna. Nelle cappelle laterali a destra si trova una tela del pittore Giorgio Anselmi (Verona 1723, Lendinara 1797), raffigurante Maria Bambina tra Gioacchino ed Anna e a sinistra San Luigi con San Francesco e Sant’Isidoro patrono dell’agricoltura.

6) Oratorio di Mottella

Mottella, diminutivo di “motta”, mucchio, indica un rialzo nel terreno o un’altura. L’Oratorio di San Michele è inserito nell’impianto ad “U” della corte attualmente sede municipale. La corte e l’oratorio, nel catasto teresiano, sono di proprietà di Giuseppe Arrivabene che si serve del palazzo per la villeggiatura. L’edificio, fiancheggiato dalla casa del canonico, presenta una facciata ispirata al classicismo tardo cinquecentesco di matrice palladiana: due paraste angolari sostengono un trabeazione con cornice a mensole, conclusa da un frontone triangolare. Due basamenti rettilinei chiudono la composizione, simulando il piano d’appoggio della facciata. 

Al centro, tra le paraste, un arco a tutto sesto incornicia una finestra termale con gli spicchi laterali tamponati. L’interno ha un’aula con volta a botte lunettata. Il presbiterio e l’abside, giustapposti all’aula, sono organizzati in uno spazio centrale, a pianta quadrata, e sono coronati da una cupola a base circolare poggiante su quattro pennacchi. Due finestre rettangolari con ricca cornice tardobarocca illuminano lo spazio. Ai lati dell’aula si trovano i dipinti raffiguranti il Battesimo di Cristo e il martirio di due Santi; nell’abside quelli di San Giorgio nell’atto di uccidere il drago e un’immagine della Madonna con Bambino tra San Giuseppe, San Giovanni e Santa Elisabetta.

7) Parrocchiale di Castelbelforte

La chiesa di San Biagio, fino al 1787 dipendente dalla Diocesi di Verona, fu progettata dall’ingegnere Carlo Brilli di Cremona. Iniziata il 23 agosto del 1841 e collaudata il 18 agosto del 1862, sostituisce un precedente tempio, costruito nel 1460 a poca distanza dall’attuale. Il campanile è concluso nel 1868. Il tempio, di gusto neoclassico, si articola in una pianta centrale a croce greca. La facciata esterna è scandita da due semicolonne e due pilastri di ordine ionico e ha nelle nicchie le statue di San Biagio e San Paolo di Tarso. Le pitture nel catino dell’abside (San Biagio nella gloria) e nella vela della navata (Glorificazione della Madonna) sono del veronese Giuseppe Resi che le realizza tra il 1952 e il 1954 insieme a nove tele ad olio con ritratti di santi, nei riquadri della navata. 

Nel presbiterio a destra si trova una tela di fine secolo XVI raffigurante l’Assunzione di Maria con San Giovanni Battista e Santa Barbara. La pala dell’altare, del secolo XVIII, presenta San Biagio che benedice frutta su una mensa. Le quattro statue degli evangelisti, in legno dorato, sono del secolo XV. La tavola della Madonna con il Bambino e una mela, della scuola di Lorenzo Costa, databile agli inizi del secolo XV, è stata donata alla chiesa nel 1874. L’organo è del 1943, realizzato dall’organaro Agostino Benzi di Crema. 

8) Parrocchiale di Castel d'Ario

La prima chiesa di Casteld’Ario fa parte delle pievi della diocesi di Verona nel 1145, ma entro il 1299 passa all’episcopato mantovano. L’attuale parrocchiale è costruita tra il 1743 ed il 1758 ed è completata, tra il 1767 e 1773, con l’edificazione del campanile. Il tempio, circondato sino al 1817 dal cimitero, sorge al posto del precedente edificio ma con un orientamento diverso: est-ovest. Progettista della nuova chiesa è l’architetto veronese Girolamo Dal Pozzo (1718-1800), allora proprietario del fondo di Villagrossa, che anticipa il Neoclassicismo. La chiesa presenta una pianta centrale allungata, organizzata attorno al quadrato della volta a crociera dell’aula.

Ai lati si aprono quattro cappelle mentre lo spazio del presbiterio voltato a botte è chiuso da un’abside curvilinea a calotta liscia. La navata è scandita da lesene corinzie e presenta una trabeazione spezzata. La facciata è bipartita: un basamento articolato da paraste prive di ordine sorregge quattro lesene corinzie con al centro una bucatura tracciata secondo lo schema della serliana. Per la copertura del tempio e per l’intero campanile le pietre sono recuperate dal vicino castello. Nel 2008 l’area corrispondente all’antico cimitero diventa piazza Sacrato, con inserita la statua del Redentore realizzata nel 1805 dallo scultore veronese Spiazzi.

L’interno della chiesa ha pregevoli dipinti e arredi. Nell’abside si trova un coro ligneo della seconda metà del ‘700: le cimase recano ovali dipinti ad olio. Sopra il coro tre tele del 1765 di Gian Domenico Cignaroli raffigurano l’Annunciazione, l’Assunzione al cielo di Maria, la Presentazione al tempio di Gesù. In quest’ultimo dipinto, in abiti settecenteschi, si trova l’autoritratto del pittore. Nelle prime due cappelle verso il presbiterio le statue della Madonna del Rosario, a destra, e del Cristo Crocifisso, a sinistra, sono della prima metà dell’800. Il bassorilievo della Madonna della Cintura, nella cappella a sinistra dell’ingresso, è in terracotta policroma del XVII secolo mentre l’altare con Santa Teresa del Bambino Gesù è disegnato dallo scultore Giuseppe Menozzi nel 1925. 

Nella cappella di San Luigi Gonzaga il dipinto dello Sposalizio Mistico di Santa Caterina d’Alessandria è della seconda metà del ‘600. Ai lati dell’ingresso i due dipinti sono dell’inizio del secolo XVIII e raffigurano il re Salomone che adora l’idolo ed Ester davanti ad Assuero. Il fonte battesimale è del 1428. L’organo è realizzato tra il 1795 e il 1800 dai mantovani Luigi e Andrea Montesanti. Lo strumento con 37 registri è composto da un grand’organo e da un positivo tergale inserito nella balaustra della cantoria. Il Padre Benedicente dell’ingresso laterale è d’inizio ‘400. 

9) Corte Grande a Roncoferraro

Esempio di corte aperta, funzionale alla coltivazione del riso, il complesso si sviluppa in linea in fregio alla grande aia, già presente alla fine del XVIII secolo. Fino a qualche decennio fa, la corte era delimitata da un perimetro idrico formato dal canale Burceladora che serviva (oltre che all’isolamento della struttura) anche al trasporto del riso dai campi su barche, e dalla Bochera (un’ampia rampa che scendeva al fondo del canale dalla strada per servire da abbeveratoio per gli animali da tiro). La corte si è realizzata in fasi successive. Il corpo centrale padronale con le due ali rustiche simmetriche, nelle quali si aprivano i volti degli originari portici (oggi tamponati), risale al tardo ‘600. L’aspetto architettonico che maggiormente caratterizza oggi la corte si deve ai colonnati dorici delle due splendide barchesse neoclassiche; strutture queste atipiche e rare nel panorama pur ampio e variegato delle costruzioni rurali locali.

Le barchesse sono parte degli ampliamenti e delle migliorie operati dopo il 1862 dalla famiglia Bertoli, allora proprietaria della corte, e che molto probabilmente riguardarono anche l’”ammodernamento” del palazzo padronale. Il progetto si deve quasi certamente all’architetto Giovanni Cherubini, negli stessi anni impegnato nella costruzione della nuova chiesa parrocchiale. Successivamente, nei primi anni del XIX secolo, un ulteriore, consistente ampliamento, separato dal nucleo originario, ha visto la realizzazione di nuove stalle ed abitazioni per salariati e braccianti.

10) Parrocchiale di Roncoferraro

La chiesa parrocchiale di Roncoferraro è stata edificata tra il 1862 e il 1863. La costruzione occupa quasi completamente il sedime della precedente parrocchiale, di lontana origine medievale, che presentava però diverso orientamento (facciata verso occidente), della quale vengono risparmiati solo il campanile ed il presbiterio, trasformato nell’attuale sagrestia. Autore del progetto è l’architetto Giovanni Cherubini (1805-1882) che, per conto dell’amministrazione austriaca, realizza qui un bell’esempio di architettura neoclassica ispirata al classicismo cinquecentesco di Andrea Palladio. 

Il tempio sviluppa il modello dello spazio quadrilatero voltato, reso cruciforme da un ampio e luminoso transetto centrale che ospita alle estremità due altari laterali, uno dedicato a San Francesco, l’altro dedicato alla Vergine Immacolata. La facciata è tripartita e giocata su due piani sovrapposti, il principale dei quali è caratterizzato dallo schema architettonico dell’arco trionfale romano che aggetta sul fondo conferendole solennità ed eleganza. Il campanile, pur stilisticamente omogeneo, non è pertinente alla costruzione della chiesa ma risale a qualche anno prima quando, su progetto dell’ingegnere Ettore Malacarne, viene sopraelevato e ristrutturato.

All’interno della chiesa è custodito un pregevole repertorio di arredi sacri ed artistici. Alcuni sono provenienti dalla chiesa precedente: il fonte battesimale in pietra rossa veronese del XV secolo, il bel pulpito ligneo dalle sinuose ed eleganti linee barocche, la tela con San Francesco che riceve le stigmate di Stefano San Vito del 1595, di cui si conoscono numerose repliche in ambito mantovano e oltre. Di probabile acquisizione dal mercato antiquario tra il 1880-90 è inoltre la pregevole tela dell’Immacolata di autore ignoto dell’inizio del XVII secolo che si evidenzia per il singolare e raro schema iconografico, in cui è rappresentato Dio Padre in veste di artista che, con il pennello in mano, dipinge l’immagine di Maria Immacolata su una tela sostenuta dai santi Gioacchino e Anna, ai piedi della quale sta avvenendo una lotta cruenta tra un arcangelo ed una figura umana bloccata al suolo, che rappresenta la supremazia del Bene sul Male. 

Di interesse sono inoltre le strutture edilizie preesistenti, quali la sagrestia, il campanile e le parti contigue in cui si possono ravvisare tracce di elementi decorativi riferibili a diverse fasi costruttive: due formelle in cotto con i relativi peduncoli di sostegno ancora ben visibili nelle murature antiche sono quello che resta di una cornice decorativa ad archetti pensili riferibile all’inizio del XV secolo. Su un lato esterno del campanile è invece conservato un tratto della decorazione a stucco dell’apparato decorativo interno riferibile al tardo XVI secolo.  

11) Chiesa di Pradello

La primitiva chiesa di Pradello, divenuta pericolante nel 1853, venne demolita e sostituita con l’attuale costruzione. Il progetto del nuovo tempio è redatto dall’ingegnere Giuseppe Rodoni di Mantova, e revisionato dell’architetto Pietro Gerolamo Brera di Ostiglia. La nuova chiesa, ultimata nel 1858, diversamente dalla precedente, è orientata con la facciata a est e l’abside a ovest. L’edificio a pianta longitudinale è costruito in forme neoclassiche, secondo il modello palladiano della Chiesa del Redentore di Venezia. Appartiene alla prima chiesa di San Bartolomeo il fonte battesimale in marmo rosso di Verona datato 1541, presente nel battistero. Nello spazio presbiteriale a sinistra, è appesa la tela attribuibile all’artista vicentino Pietro Fabbri, raffigurante l’incontro di Maria Vergine e Elisabetta, del 1740. Nella parete destra è il quadro raffigurante l’Immacolata Concezione del secolo XVII.

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